Rosignano Livio

ROSIGNANO LIVIO  (Pinguente, Pola 1924 – Trieste 2015)

Livio Rosignano è stato un artista assai noto, apprezzato dalla critica ed amato dal pubblico. L. Rosignano da giovane frequentò l’Istituto Nautico dove ebbe per insegnante di disegno il pittore Giovanni Giordani, che, colpito dal suo talento, lo incoraggiò ad occuparsi seriamente di pittura. La guerra lo trovò deportato in un campo di lavoro tedesco e solo alla fine della Seconda guerra mondiale poté dedicarsi alla pittura. Iniziò nel 1948 la sua carriera artistica, frequentò la Scuola Libera della Figura al Civico Museo Revoltella diretta da Edgardo Sambo e la Scuola dell’Incisione di Carlo Sbisà. In quel periodo la situazione artistica triestina era in movimento, nel mentre i vecchi maestri affermatisi tra le due guerre continuavano a portare avanti i modi della tradizione postimpressionistica, novecentesca e persino simbolista e metafisica, si facevano sentire anche a Trieste gli echi delle novità proposte dal Fronte Nuovo delle Arti nella fatidica Biennale di Venezia del 1948. Quando in questo contesto si consumò la frattura tra post-cubisti astratto concreti e neorealisti, gli artisti triestini di poco più anziani, si riconobbero nel primo schieramento, mentre i giovanissimi, che si aprivano allora all’esperienza dell’arte, sentirono il fascino ed il richiamo dell’arte impegnata del neorealismo. Questi ultimi costituirono l’avventurosa bohème triestina dei favolosi anni cinquanta, muovendosi tra il bar Moncenisio di via Carducci, la taverna Murago di piazza Goldoni e le soffitte del centro cittadino, dove dipingevano, spesso in gruppo, per risparmiare. Livio Rosignano, pur non condividendone appieno l’ideologia, diciamo così, socio politica e men che meno la poetica neorealista, fu loro vicino in quanto sentiva il bisogno di una maggiore libertà di movimento di contro al raffinato stilismo dei pittori più anziani del versante postcubista. Invece, avendo occasione di frequentare i vecchi maestri Adolfo Levier e Vittorio Bergagna (da quest’ultimo fu ospitato per un certo periodo nel suo studio), egli orientò il suo nativo espressionismo nell’ambito del postimpressionismo, ponendo nel contempo attenzione sia al versante fauve di Levier sia a quello conteplativamente luministico di Bergagna. A partire dal 1950 fu a più riprese a Milano e per un certo periodo condivise lo studio con Marino Sormani, dopo breve tempo rientrò a Trieste e l’esperienza milanese giovò all’artista che affinò le sue capacità tecniche nel contatto con le avanguardie, svolse un ruolo molto attivo nell’ ambiente culturale stringendo relazioni con pittori e scrittori, la sua pittura è ricca di interessi poetici e culturali testimoniati anche dalla pubblicazione di suoi racconti e prose d’arte. Partecipò anche ad importanti esposizioni nazionali come la Quadriennale del 1965 e soprattutto in mostre personali tenute in varie città e contesti.

Lo scrittore triestino Claudio Magris nell’agosto del 1996 scrive all’amico artista Livio Rosignano iniziando con queste parole: ” Caro Livio qualche tempo fa, mentre stavamo chiacchierando in un’osteria nei pressi del tuo studio, tu, non mi ricordo a che proposito, ad un certo punto rivolgendoti a me ma anche al bicchiere che avevi davanti a te stesso hai detto “e da questo momento può succedere di tutto”. Veramente l’hai detto in triestino con quella familiarità, col destino, con l’assurdo e con l’imperscrutabile che solo il dialetto natio può esprimere.

(Tratto dal Dizionario degli Artisti di Trieste, Isontino, Istria e Dalmazia del critico d’arte Claudio H. Martelli e da una recensione del prof. Sergio Molesi)